A conclusione di questo progetto didattico credo sia opportuno riportare alcune considerazioni di carattere personale a riguardo dell’utilizzo dei supporti e delle tecnologie multimediali quale strumento odierno per l’educazione e la didattica e, nel contempo, “raccontare” le impressioni e i risultati raggiunti della classe soggetto “primario” del presente lavoro.
Senza dubbio l’utilizzo delle nuove tecnologie multimediali rappresenta oggi per la scuola un’arma in più rispetto a quella del passato. Tutti i giorni ci si rende conto di quanto possano essere utili questi strumenti per migliorare la formazione, la qualità di una lezione e l’apprendimento da parte degli allievi dei suoi contenuti.
Tuttavia, nonostante ciò ancora pochi gli insegnanti sfruttano questa possibilità un po’perché uscire dai tradizionali schemi di insegnamento comporta qualche difficoltà in più, un po’perché per usare la multimedialità nella didattica bisogna conoscerla e/o poterla utilizzare.
A questo punto, ma non è questa la sede, si potrebbero aprire due grossi capitoli, uno legato alle capacità di utilizzo da parte degli insegnati delle nuove tecnologie (quanti hanno avuto esperienze di utilizzazione di questi strumenti? Quanti non hanno la necessaria confidenza o l’adeguata preparazione? È necessario assicurare loro queste competenze?) e l’altro legato all’effettiva presenza e alla conseguente possibilità di utilizzo di queste tecnologie nella struttura scolastica.
Nel primo caso, senza giungere a facili conclusioni, direi che bisognerebbe avere un po’di voglia di fare, un po’di volontà in più non guastesterebbe, anche perché, imparare a far "qualcosa" d’altro nella vita è sempre un motivo di orgoglio e arricchimento personale o, se vogliamo vederla in termini di costi-benefici, rappresenterebbe nella fattispecie “un qualcosa” che di fatto agevolerebbe ed aiuterebbe in maniera considerevole il lavoro dell’insegnante.
Certo questo “invito” è rivolto principalmente agli insegnanti che, al di là della loro età anagrafica, hanno voglia o ancora voglia di mettersi in gioco per contribuire al processo di svecchiamento/rinnovamento della scuola.
Nel secondo caso, certo, non tutte le scuole hanno i fondi necessari o sono attrezzate con laboratori multimediali all’avanguardia ma, per così dire…nelle scuole di oggi, anche in quelle più disparate, qualcosina si trova sempre…..basta adattarsi no?!
Piuttosto, la “vera” difficoltà risiede nel poter accedere a questo “fantomatico laboratorio”, spesso, o almeno così è capitato a me, pare che si debba avere una particolare autorizzazione, l’assistente di laboratorio è il sovrano indiscusso di questo regno e guai a chi prova a varcare i suoi confini!
Domanda…..se il laboratorio è libero perché nessun docente lo ha prenotato è possibile che il soggetto di cui sopra impedisca lo svolgimento della lezione nel “SUO” laboratorio?
Mah…..Vasco Rossi direbbe “senza parole”…..ma non voglio polemizzare e generalizzare è sempre sbagliato, ma certo, quando ci si trova a interagire con simili personaggi, tutta la buona volontà di cui parlavo sopra, viene effettivamente meno!
Sono quindi molti gli aspetti su cui agire e che dovrebbero essere ridefiniti (le strutture di supporto, il cambiamento dei ruoli degli insegnanti e degli allievi, i materiali didattici….) per determinare questo effettivo passaggio dalla "vecchia" scuola trasmissiva ad una più attiva sul piano dell’apprendimento.
A mio avviso, ribadisco, il vero problema è legato alla volontà del docente di volersi “svecchiare” di volersi aggiornare e magari rivedere la propria modalità di insegnamento riflettendo sulle enormi potenzialità che sono fornite dalla multimedialità.
In altri termini le tecnologie multimediali costituiscono un grande serbatoio da cui tutti i docenti dovrebbero attingere per ricercare il miglioramento della qualità del “prodotto finale” ovvero nella formazione delle persone e per arricchire i processi di apprendimento.
In particolare, nel nostro caso l’utilizzo di strumenti multimediali ha portato molti vantaggi specie nelle schematizzazioni delle macchine semplici e nelle parti applicative di laboratorio in cui gli allievi in gruppo o singolarmente hanno dimostrato coinvolgimento, impegno, motivazione e interesse.
Per quanto riguarda i risultati finali della classe e quindi, del raggiungimento degli obiettivi finali previsti dalla iniziale programmazione didattica dell’unità, è possibile affermare che nell’80% dei casi si sono riscontrati validi livelli di competenze e conoscenze; in particolare la loro buona disposizione verso l’uso delle tecnologie, la forse curiosità destata dal sottoscritto nel presentare i vari argomenti dell’unità come un qualcosa che tutti i giorni vedono e da cui fondamentalmente sono "circondati", ha favorito l’instaurarsi di un clima partecipativo, attivo, recettivo e di scambio di idee.
Nel Test, programmato come penultimo atto dell’unità didattica, la maggior parte degli allievi ha conseguito risultati positivi, dimostrando non solo di aver compreso i contenuti presentati, ma anche di aver apprezzato e approfondito autonomamente e in gruppo l’argomento.
Molti allievi hanno reperito, navigando in internet, una serie di altri applets utili per la didattica, hanno cioè “visto” queste nuova possibilità di apprendimento come trampolino di lancio per avviare una ricerca spontanea verso applicazioni utili per altre discipline.
La possibilità di utilizzo degli applets nel laboratorio multimediale ha quindi sicuramente suscitato interesse e curiosità negli allievi ed ha certamente favorito attraverso l’ambiente multimediale (il loro habitat naturale) il loro apprendimento.
In altri termini, come indicato, dal professor Antonio Calvani, le nuove tecnologie hanno contribuito a favorire “l’apprendere agendo” al fine di rendere attive cognizioni astratte tradizionalmente apprese attraverso i libri di testo.
La Multimedialità sta quindi modificando l’educazione e di questo dobbiamo rendercene conto. In fondo anche io, nel mio piccolo, ho cercato di fare educazione, educazione alla multimedialità, educazione con la multimedialità.
Che dire.. spero di essere riuscito in questo progetto pedagogico coniugando l’educazione al mondo della multimedialità.
Bene... il blog del mago finisce qui. Eh sì, non avete capito male! Con quest’ultimo post siamo arrivati alla fine di questo lavoro.
Naturalmente potrete continuare a visitare il mio blog http://www.angelomerlino.blogspot.com intervenendo e commentando i nuovi materiali didattici che metterò prossimamente a disposizione.
….A proposito, il presente blog è stato visitato da molte persone che ringrazio tutte indistintamente… una bella soddisfazione!
Un particolare ringraziamento a mio cugino Pasquale, esperto di linguaggio html, che ha contributo in maniera importante alla realizzazione del presente blog.
lunedì 26 novembre 2007
CONSIDERAZIONI FINALI
Pubblicato da Angelo Merlino alle ore 15:44 19 commenti
venerdì 23 novembre 2007
IL TEST...
CONTENUTI: esercizi riepilogativi, test a risposte multiple
STRUMENTI UTILIZZATI: lavagna luminosa, lavagna tradizionale, postazioni computer con possibilità di navigazione in internet
LUOGO: laboratorio multimediale
DURATA: 3 ore
Terminato il ciclo di lezioni si passa ad una fase più applicativa che riassume, con una serie di esercizi presentati alla classe mediante l’ausilio di una lavagna luminosa (si vedano ad esempio le Fig 1-2-3-4),le varie tipologie di macchine semplici sino ad ora esaminate.
Si tratta in questa fase di verificare prevalentemente gli obiettivi disciplinari di abilità previsti inizialmente ( vedi post “quali obiettivi?”).
Gli esercizi presentati e risolti dal docente alla lavagna dovrebbero contribuire a consolidare le nozioni sin qui acquisite dagli allievi e contemporaneamente prepararli alle “imminenti” verifiche.
In questo senso, un primo passo consiste nel proporre nell’apposito laboratorio multimediale un test di carattere formativo a risposte multiple realizzabile nella singola postazione PC da ciascun allievo.
Il test è nominativo e potrebbe essere spedito elettronicamente al docente o stampato su supporto cartaceo; immediatamente si potrà avere un’immagine della situazione di apprendimento della classe, verificare la comprensione degli argomenti, le conoscenze acquisite da ciascun allievo ed eventualmente valutare l’ipotesi riprendere alcuni argomenti in vista della verifica sommativa finale.
A beneficio dei numerosi visitatori di questo blog ho pensato di rendere visibile e realizzabile on-line il test di cui sopra, in modo che ciascun utente possa rendersi conto in poco tempo di quanto ha appreso.
Basta inserire il nome, compilare ciascuna domanda del test con una crocetta e poi verificare a fine pagina, con apposito tasto “VERIFICA” , il responso finale.
Due raccomandazioni….il tempo scorre (30 min) e non provate a compilare il test rispondendo a ciascuna domanda con più di una crocetta…..il test considererà in automatico la risposta sbagliata!!!
Non preoccupatevi se non avete fatto proprio un figurone….il risultato sarà visibile solo a voi….e poi…si può sempre dare la colpa al Prof!!!
TEST MACCHINE SEMPLICI a cura di Merlino Angelo
Pubblicato da Angelo Merlino alle ore 22:53 4 commenti
domenica 18 novembre 2007
PIANO INCLINATO, VITE e CUNEO...4 lezione
CONTENUTI: piano inclinato, vite e cuneo
STRUMENTI UTILIZZATI: presentazione multimediale (Microsoft PowerPoint), video proiettore
LUOGO: laboratorio multimediale
DURATA: 2 ore
La lezione si svolge nel laboratorio multimediale, dove è disponibile la postazione PC del docente e il videoproiettore necessari alla presentazione dei contenuti della lezione.
Questa volta la lezione inizia in maniera un po’più “allegra” per gli allievi invitandoli da subito “a provare” un paio di applets riguardanti il piano inclinato. Diciamo che si vuole un po’cambiare il tradizionale approccio seguito nel corso delle precedenti lezioni per destare un po’di curiosità e forse stupore.
Si noti che la cosa è possibile perché in realtà l’argomento “piano inclinato” dovrebbe essere già stato trattato nel corso di fisica nei precedenti anni scolastici.
In particolare viene proposto un primo applet in cui viene simulato la discesa di un corpo da un piano inclinato e un secondo applet in cui è possibile vedere tra l’altro la scomposizione delle forze motrice e resistenti.
Terminata questa fase si ritorna a lavorare come nelle precedenti lezioni:
una presentazione in power point illustrerà gli argomenti ed il commento alla stessa da parte del docente chiarirà i contenuti proposti.
Nelle slides cercherò di presentare i concetti fondamentali teorici limitando al minimo le formule necessarie e omettendo alcuni passaggi matematici o considerazioni “fisiche” perché come detto l’argomento non è nuovo.
Il piano inclinato è particolarmente utile nel sollevamento di corpi pesanti, quando si disponga di uno spazio piano “b” sufficientemente grande rispetto all’altezza di sollevamento “h”.
Un esempio tangibile dell’applicazione di questa macchina semplice si ha ad esempio nelle rampe di accesso ad enti pubblici per la riduzione delle barriere architettoniche o lungo le strade delle nostre città per facilitare il passaggio di passeggini e carrozzine nei percorsi cittadini.
In particolare per analizzare le caratteristiche del piano inclinato considereremo due possibilità per l’applicazione della forza motrice.
a. forza motrice diretta secondo il piano inclinato
scomposto il peso Q nelle due direzioni parallela (Q1) e perpendicolare al piano inclinato (Q2), nell’ipotesi di trascurare le resistenze dovute all’attrito, si ha che la forza resistente è rappresentata solo dalla componente Q1 parallela al piano
b. forza motrice applicata orizzontalmente
con considerazioni analoghe la componente Q2 non avrà influenza sulla condizione di equilibrio prossima al moto ascendente, per cui:
In definitiva per quanto concerne la valutazione del vantaggio che si può conseguire con l’installazione del piano inclinato avremmo:
nel primo caso il piano inclinato è sempre vantaggioso in quanto il seno dell’angolo non supera mai l’unità, mentre nella seconda ipotesi il sistema è vantaggioso fino a che l’angolo non supera i 45º essendo tg 45º = 1 oltre tale limite, la tangente supera l’unità ed il sistema diviene svantaggioso.
Un altro esempio di macchina semplice è costituito dalla vite impiegata come meccanismo di sollevamento che qui di seguito viene schematizzata
Essa consta essenzialmente di un’asta filettata (a) che si impegna in una madrevite fissa (M), in modo tale che esercitando una forza orizzontale (F) all’estremità del braccio (b) rigidamente collegato all’asta stessa, quest’ultima si pone in rotazione e, per effetto della inclinazione della filettatura, assume un lento movimento ascendente. Se all’estremità della vite si applica un carico (Q), quest’ultimo si sposta verso l’alto trascinato dalla vite stessa.
La vite è costituita da un corpo cilindrico (detto gambo) su cui è inciso un solco elicoidale; il risalto (filetto) di tale solco si inserisce in un solco identico inciso all’interno di un corpo (madrevite).
Il passo p (cioè la distanza lungo una generatrice fra due solchi successivi) di una vite si può stabilire, noti l’inclinazione α del solco rispetto al piano perpendicolare al gambo e il raggio r dell’elica media, in base alla formula
dove abbiamo sviluppato la filettatura nel piano del disegno ottenendo un triangolo rettangolo in cui la lunghezza del cateto di base è 2πr e l’altezza è data dal passo “p”; ovvero la schematizzazione così eseguita ci permette di ricondurre il calcolo della vite a quello del piano inclinato con forza motrice parallela alla base (caso b).
Se ora indichiamo con F’ la forza motrice agente lungo la circonferenza media della vite ricordando la “F = Q tg α” ottenuta nel caso b, si ha:
si noti che la F’ agisce tangenzialmente alla vite con braccio r mentre la forza motrice effettiva F agirà all’estremità del braccio di manovra (b).
A questo punto per risalire al valore di F basterà imporre la condizione di equilibrio dei momenti rispetto all’asse di rotazione:
e semplificando
in definitiva il vantaggio della vite risulterà inversamente proporzionale al passo della filettatura “p” e direttamente proporzionale alla lunghezza del braccio di manovra “b”:
Concludiamo questa rassegna delle principali macchine semplici considerando "il cuneo"
Il cuneo è un prisma avente per sezione un triangolo isoscele molto allungato e quindi con un angolo al vertice molto allungato; nelle applicazioni pratiche esso è formato da due piani inclinati (fianchi) uniti per la base. In esso la resistenza è applicata perpendicolarmente ai fianchi (AC e BC), mentre la potenza viene applicata alla testa (AB). L’angolo di apertura del cuneo determina il rapporto tra potenza e resistenza: tanto minore è questo angolo tanto maggiore è la resistenza che può venire equilibrata da una data potenza. Il cuneo è una macchina vantaggiosa (ovvero la potenza applicata è minore della resistenza da vincere) e si utilizza normalmente per causare la separazione di due parti di un corpo. Sfruttano il principio del cuneo tutti gli oggetti che servono per tagliare o penetrare (le lame dei coltelli, le asce, i chiodi ecc.).
Scomponendo F nelle due direzioni normali ai lati AC e BC si ha, prescindendo dagli attriti:
da cui
Ridurre quindi al minimo il rapporto fra la lunghezza della testa e quella dei fianchi, e quindi aumentare il suo vantaggio, significa in pratica, che il tagliente del cuneo deve essere più affilato possibile, cioè l’angolo deve avere valori piccolissimi.
Pubblicato da Angelo Merlino alle ore 21:38 2 commenti
mercoledì 14 novembre 2007
VERRICELLI E ARGANI...3 lezione
CONTENUTI: verricelli semplici e differenziali, argani
STRUMENTI UTILIZZATI: presentazione multimediale (Microsoft PowerPoint), video proiettore, lavagna luminosa
LUOGO: laboratorio multimediale
DURATA: 2 ore
La lezione si svolge nel laboratorio multimediale, dove è disponibile la postazione PC del docente e il videoproiettore necessari alla presentazione dei contenuti della lezione.
Si procede sostanzialmente come nelle lezioni precedenti facendo visionare alla classe immagini e schemi delle macchine oggetto di trattazione grazie all’utilizzo all’ utilizzo di una presentazione microsoft power point.
Il commento alle immagini da parte del docente integra, chiarisce e guida l’allievo alla comprensione dei contenuti proposti.
Terminata la fase teorico-informativa si ricorderà agli allievi che, nel corso degli ultimi esami di maturità (qui di seguito proposto con risoluzione), si parlò proprio di un verricello….
In questo contesto, lo scopo è essenzialmente quello di aumentare interesse e attenzione alla lezione da parte dei, forse ora più preoccupati, discenti.
Si presenteranno mediante lavagna luminosa alcuni esercizi numerici e applicativi da svolgersi in classe sfruttando l’apporto del docente che muovendosi tra i banchi si renderà disponibile nel guidare gli allievi alla risoluzione degli esercizi proposti.
Il verricello è costituito da un cilindro orizzontale (tamburo) attorno al quale viene avvolta una fune collegata al carico da sollevare (Q), che costituisce ovviamente la resistenza. La forza motrice (F) viene applicata all’estremo di una manovella (b) attaccata al tamburo e in senso tangenziale alla circonferenza descritta dall’impugnatura. Il verricello viene largamente impiegato per il sollevamento di corpi e per il tensionamento di funi (ad esempio, sulle navi a vela).
schema di un verricello semplice
Se r è il raggio del tamburo, la condizione di equilibrio alla rotazione intorno al centro del tamburo è
da cui
ed essendo generalmente b > r risulta F < Q.
Si noti cha il raggio del tamburo non può essere ridotto a valori minimi senza pregiudicare l’avvolgimento della fune che dipende dalla rigidità della stessa e, il braccio (b) non può superare il limite concesso dalla manovrabilità del meccanismo. In pratica un vantaggio intorno a 3 ÷ 4 rappresenta il limite per questo tipo di macchine.
Concettualmente simile al verricello semplice è l’argano, impiegato talvolta quando il carico da sollevare è di una certa entità; l’argano non è altro che un verricello ad asse verticale provvisto di due o quattro bracci di manovra, bracci che, per la particolare disposizione del meccanismo possono assumere dimensioni anche notevoli.
schema di un argano
Nel caso di due bracci la condizione di equilibrio si esprime con:
da cui
mentre se i bracci sono quattro e all’estremità di ognuno di essi agisce una forza di intensità F, si perviene alla relazione:
e ancora...
Un vantaggio molto più sensibile si ottiene con il verricello differenziale costituito da due tamburi, di raggi leggermente diversi, rigidamente collegati fra loro in modo da compiere gli stessi giri al comando di una manovella di braccio “b”; il carico Q è applicato ad una puleggia mobile adagiata sulla fune le cui estremità sono fissate ai due tamburi del verricello.
Per ottenere il sollevamento il verricello deve ruotare in senso tale da avvolgere la fune sul tamburo maggiore e, corrispondentemente, in modo da svolgerla dal tamburo minore.
schema verricello differenziale
Per la ricerca dell’intensità della forza motrice, si applica la condizione di equilibrio alla rotazione intorno al punto 0; considerato che il carico Q grava per metà su ciascuno dei due tratti di fune uscenti dalla puleggia mobile, con le notazioni della figura si ottiene:
da cui, con semplici passaggi matematici
E SE ALL' ESAME DI MATURITA'....
Alcune volte capita.....ed allora è meglio essere pronti e non scoraggiarsi troppo....si, l'anno scorso il tema d' esame proposto ai neo periti meccanici iniziava con " il tamburo di un verricello ad asse orizzontale......"
A tal proposito.....vi rimando a Esame di maturità perito industriale a.s. 2007
...vedere per credere...
Pubblicato da Angelo Merlino alle ore 18:52 156 commenti
domenica 11 novembre 2007
PARANCHI
Combinando opportunamente più carrucole fisse e mobili si possono costruire delle macchine di sollevamento, chiamate paranchi, che risultano essere molto vantaggiose, consentendo quindi il sollevamento di carichi pesanti per mezzo dell’applicazione di una forza molto minore del peso del carico.
In particolare accoppiando in serie una puleggia fissa con una mobile, come nello schema seguente, otteniamo il paranco semplice.
Con una “macchina” così fatta riusciremo ad ottenere entrambi i benefici dati dalla carrucola fissa (cambio il verso della forza motrice) e mobile (dimezzo l’intensità della forza motrice) ed il vantaggio complessivo dell’insieme sarà K = K fissa * K mobile = 1 * 2 = 2
Il vantaggio del paranco può essere ulteriormente accresciuto adottando due pulegge fisse e due mobili
In questo caso il vantaggio totale sarà K = 2 * 2 = 4 essendo possibile considerare il paranco multiplo come un complesso di due paranchi semplici posti in serie, ciascuno dei quali con vantaggio K = 2.
Più in generale un paranco con “n” pulegge mobili può essere assimilato ad “n” paranchi semplici; ne segue che il suo vantaggio sarà K = 2 * n e la forza motrice risultante sarà:
Un altro tipo di paranco, peraltro difficilmente trasportabile è quello qui di seguito schematizzato; esso a parità di pulegge mobili impiegate, consente una più sensibile riduzione della forza motrice, come è facile rendersi conto, analizzando l’entità degli sforzi rappresentati in figura
se con “n” indichiamo le pulegge mobili, dato che ognuna di esse dimezza lo sforzo necessario, la forza motrice da applicare all’estremità libera della fune risulta:
ed il relativo vantaggio diviene
Pubblicato da Angelo Merlino alle ore 19:25 0 commenti
sabato 10 novembre 2007
LE CARRUCOLE....2 lezione
CONTENUTI: carrucole fisse e mobili, paranchi semplici e multipli
STRUMENTI UTILIZZATI: presentazione multimediale (Microsoft PowerPoint), video proiettore
LUOGO: laboratorio multimediale
DURATA: 3 ore
Come già indicato per la lezione precedente ci troviamo nel laboratorio multimediale, dove è disponibile la postazione PC del docente e il videoproiettore necessari alla presentazione dei contenuti della lezione.
Inizialmente con le prime immagini si focalizzerà immediatamente l’argomento odierno (le carrucole) e, per gli allievi sarà facile far riferimento alle molteplici applicazioni nella vita quotidiana di queste macchine (la carrucola che usano i muratori per sollevare il recipiente contenente la calce, piuttosto che le applicazioni nelle tapparelle delle abitazioni civili….)
In questa fase cerco riferimenti esemplificativi di oggetti di comune utilizzo allo scopo di chiarire la funzione e l’utilizzo di questi oggetti.
Nelle slides cerco di presentare i concetti fondamentali teorici focalizzando l’attenzione solo sugli argomenti strettamente necessari preferendo l’uso di immagini che tra l’altro agevolano enormemente la vita del docente: si pensi a quanto tempo ci vorrebbe per realizzare con il gessetto un paranco multiplo!!
Il commento alla presentazione da parte del docente integra e chiarisce lo scorrere delle diapositive guidando l’allievo alla comprensione dei contenuti proposti.
Terminata la fase teorico-informativa esi passerà alla parte più pratica e interattiva della lezione, per la quale gli allievi potranno utilizzare il PC; utilizzando il collegamento ad internet è possibile utilizzare un paio di applets relativi alla puleggia e a sistemi di pulegge sui cui potranno cimentarsi lavorando singolarmente o in gruppo.
In una sezione apposita del blog sono indicati alcuni possibili applets che verranno utilizzati nel corso delle lezioni.
L’argomento si conclude presentando alla classe semplici esercizi numerici applicativi con relativa spiegazione frontale alla lavagna.
Passiamo ai contenuti....
Derivata direttamente dalla leva, osservabile quotidianamente in moltissime applicazioni, prendiamo ora in esame una nuova macchina semplice: la carrucola o puleggia.
La carrucola è una ruota con bordo esterno dotato di una scanalatura chiamata “gola” per consentire di alloggiarvi una fune o una catena.
La ruota è libera di girare attorno ad un mozzo sostenuto da un supporto chiamato “staffa” passante per un foro praticato al centro della stessa.
Le carrucole sono, a tutti gli effetti, delle leve meccaniche, che vengono prevalentemente utilizzate per operazioni di sollevamento.
Nella carrucola fissa la staffa è fissata ad un sostegno, la forza resistente è applicata ad una estremità della fune o catena passante per la gola e, la forza motrice, è applicata all’altra estremità.
La macchine è paragonabile ad una leva di I genere con le distanze fra fulcro e punti di applicazione delle due forze identiche e pari al raggio della manovella.
Il vantaggio offerto non è la riduzione della forza motrice ma quello di poter variare la direzione della forza applicata; dovendo sollevare un peso al posto di farlo direttamente è più comodo riuscirci tirando una fune dall’alto verso il basso perché ciò ci permette di sfruttare il peso del nostro corpo.
La carrucola fissa è quindi una leva di primo genere in cui il braccio della potenza è uguale al braccio della resistenza, entrambi essendo pari al raggio della carrucola stessa. Tale leva non è quindi né vantaggiosa né svantaggiosa.
Schema di una puleggia fissa
Dalla condizione di equilibrio alla rotazione intorno al centro 0 della puleggia si ottiene
e semplificando F = Q
Nella carrucola mobile la staffa è il punto di applicazione della forza resistente; un’estremità della fune è fissata ad un sostegno mentre all’altra è applicata la forza motrice.
Se i due tratti di fune sono paralleli la macchina tende a ruotare non attorno all’asse della carrucola ma attorno al punto di contatto del tratto di fune fissa con la carrucola.
La distanza fra fulcro e punto di applicazione della forza motrice corrisponde perciò al diametro della carrucola mentre, quella fra fulcro e punto di applicazione della forza resistente è pari al raggio. Ne segue che, per l’equilibrio è sufficiente che l’intensità della forza motrice sia metà di quella della forza resistente.
La carrucola mobile è quindi una leva di secondo genere (quindi vantaggiosa) in cui il braccio della resistenza è uguale al raggio della carrucola, mentre il braccio della potenza è pari a due volte il raggio.
Schema di una puleggia mobile
Analogamente a quanto visto sopra, supponendo di poter trascurare il peso della puleggia stessa e quello della fune che l’avvolge, la condizione di equilibrio diviene:
e semplificando F=Q/2 da cui, ricordando la definizione vantaggio di una macchina semplice, si ottiene K = 2 ovvero, l’impiego di una puleggia mobile comporta una forza motrice pari al 50 % di quella resistente.
Pubblicato da Angelo Merlino alle ore 20:42 5 commenti
venerdì 9 novembre 2007
CURIOSITA':LE LEVE DEL CORPO UMANO
Muscoli e le Leve
I muscoli scheletrici (che rappresentano l’elemento attivo del movimento), inserendosi sulle ossa (che rappresentano l’elemento passivo del movimento), per mezzo della contrazione muscolare determinano il movimento. Questo è possibile grazie anche alle articolazioni (che rappresentano l’elemento di congiunzione e perno delle ossa). Tutto l’apparato locomotore è basato su un sistema di leve. Questa situazione determina che, tutte le volte che c’è movimento, si produce una leva che può essere di primo, di secondo o di terzo tipo. Il fulcro della leva è dato dall’asse di rotazione (di solito l’articolazione, ma può anche essere un punto di appoggio o di presa); la potenza è data dal punto in cui viene applicata la forza (di solito l’origine o l’inserzione muscolare, non il ventre muscolare); la resistenza è data dal punto in cui viene generata la resistenza stessa (un peso, lo spostamento di un segmento corporeo, la gravità, ecc.).
Il caso dell’articolazione di appoggio della testa è un esempio di leva del primo tipo.
Per bilanciare il peso del capo, applicato nel suo baricentro, ed evitare che la testa ciondoli in avanti, viene esercitata una potenza da parte dei muscoli nucali, che si trovano dall’altro lato rispetto al fulcro. L’intensità della forza realizzata dal muscolo sarà tale da produrre un momento esattamente uguale a quello prodotto dalla resistenza. Si noti anche che l’insieme delle due forze tenderebbe a causare un abbassamento del sistema: il fulcro realizza anche una reazione vincolare che si oppone alla traslazione: per questo dopo un certo tempo l’articolazione è affaticata!
Pubblicato da Angelo Merlino alle ore 17:49 27 commenti
martedì 6 novembre 2007
LEVE E LORO APPLICAZIONI
Il principio di funzionamento della leva meccanica era noto già agli antichi (Archimede, secolo IV-III a.c.).
La leva, la più elementare delle macchine semplice è costituita, nella sua forma più schematica da un’asta rigida che ha la possibilità di ruotare intorno ad un punto fisso detto fulcro (F).
A un’estremità dell’asta si applica la forza che deve essere equilibrata o vinta, detta resistenza (R) o forza resistente e all’altra estremità la cosiddetta potenza (P) o forza motrice, ovvero la forza che deve equilibrare o vincere la resistenza. La distanza dal fulcro alla resistenza è detta braccio della resistenza (br), la distanza tra la potenza e il fulcro invece è detta braccio della potenza (bp).
La condizione di equilibrio statico della leva si scrive imponendo che il momento meccanico della potenza sia eguale al momento meccanico della resistenza rispetto al fulcro, ove il momento meccanico è definito come prodotto della forza per il braccio. In condizioni di equilibrio deve essere nulla la sommatoria dei momenti di tutte la forze agenti sulla leva
Da ciò si deduce che, quanto maggiore è il braccio della potenza rispetto al braccio della resistenza, tanto minore è la potenza richiesta per equilibrare (ed eventualmente vincere) la resistenza. Si parla pertanto di leva “vantaggiosa” se il braccio della potenza è minore del braccio della resistenza.
Tradizionalmente, le leve meccaniche vengono suddivise in tre categorie:
1. leva di primo genere, in cui il fulcro si trova tra la potenza e la resistenza. Tale leva può essere vantaggiosa, svantaggiosa o indifferente a seconda che il braccio della potenza sia maggiore, minore o uguale al braccio della resistenza;
2. leva di secondo genere, in cui il punto di applicazione della resistenza si trova tra il fulcro e il punto di applicazione della potenza. Tale leva è sempre vantaggiosa;
3. leva di terzo genere, in cui il punto di applicazione della potenza si trova tra il fulcro e il punto di applicazione della resistenza. Tale leva è sempre svantaggiosa.
ESEMPI DI LEVA
Leve di primo genere
Le leve di I genere sono vantaggiose quando F1 è minore di F2 perché il braccio F1 è maggiore del braccio di F2. Serve per sollevare pesi, ad esempio l’altalena su cui stanno persone con masse diverse. La più leggera si siede più lontano
Le leve di I genere sono svantaggiose quando la F1 è maggiore di F2 perché il braccio di F1 è minore di quello di F2.
Può essere utile per esempio si pensi al bambino F2 che può sollevare il padre F1.
Oppure posso sollevare oggetti lontani che non riesco a prendere in altro modo
Le leve di I genere sono indifferenti quando la P è uguale ad R perché il braccio della potenza è uguale al braccio della resistenza. Es: Bilancia a braccia eguali
Altri esempi di leve di I genere sono le forbici, le tenaglie, la stadera
Leve di secondo genere
Hanno il fulcro all’estremità.
- Hanno la resistenza fra il fulcro e la potenza.
- Sono sempre vantaggiose.
- a > b quindi P < R
- Esempi: lo schiaccianoci, la carriola, il trolley, il piede.
Il remo di una barca è una leva di secondo genere, in quanto il fulcro si trova all’incirca nel centro della pala immersa nell’acqua, la resistenza si trova nello scalmo (cioè nel punto di contatto tra il remo e la barca) e la potenza è applicata nel punto di impugnatura del remo.
Leve di terzo genere
- Queste leve sono sempre svantaggiose, ma sono molto usate perché permettono di afferrare e manipolare con precisione oggetti anche molto piccoli.
- Hanno la potenza fra il fulcro e la resistenza.
- Esempi: gli aghi, la canna da pesca, il braccio, le molle per il camino, le pinze per il ghiaccio...
Pubblicato da Angelo Merlino alle ore 18:21 4 commenti